[20 novembre _ assemblea nazionale dell’Onda a La Sapienza]
20 Novembre una grande assemblea di precari e di studenti, provenienti
da tutta Italia, si è riunita alla Sapienza per rilanciare – a partire
dalle molteplici iniziative di lotta organizzate in questi mesi nei
vari atenei e scuole – un percorso ampio di mobilitazione che rimetta
al centro la lotta contro il progetto di dismissione dell’università e
che rivendichi un nuovo sistema di garanzie sociali all’altezza delle
sfide poste dall’attuale mondo del lavoro. Ad un anno di distanza
dall’esplosione dell’Onda, siamo ancora fermi nel nostro rifiuto della
crisi economica: noi la crisi non la paghiamo, vogliamo fin da subito
riappropriarci del nostro futuro e della ricchezza sociale che ci viene
quotidianamente sottratta.
queste ragioni chiediamo, in primo luogo, il ritiro immediato del DDL
Gelmini – presentato mediaticamente come disegno “innovativo” di
riforma dell’Università – che rappresenta palesemente un progetto di
riproposizione e cristallizzazione di tutti gli elementi negativi del
sistema universitario, denunciati più volte dal movimento dell’Onda:
non risolve in nessun modo il problema della precarietà né del ricambio
generazionale – come propagandato dal Governo – aumentando, invece, il
fossato tra tutelati e non tutelati, tra chi è dentro e chi è fuori dal
sistema di garanzie sociali;
non interviene sulla governance degli atenei per innovarla, ma per
chiudere i già irrisori spazi di democrazia e partecipazione delle
differenti componenti accademiche e consolidare e rafforzare il potere
delle corporazioni responsabili del fallimento dell’università pubblica
negli ultimi 30 anni;
indebolisce ulteriormente il diritto allo studio, chiedendo agli
studenti di indebitarsi “all’americana” attraverso lo strumento del
prestito d’onore, mentre la crisi globale – che mostra il fallimento di
un sistema fondato sull’indebitamento – richiederebbe una netta
inversione di tendenza e di maggiori investimenti per garantire a tutti
l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione superiore;
completa il processo di de-strutturazione e riduzione dell’Università
pubblica prefigurando, quindi, un’università complessivamente più
piccola, che non risponde alla domanda di maggiore conoscenza e
competenze che il nostro paese dovrebbe considerare centrale per le
proprie politiche di sviluppo; con l’entrata dei privati negli organi
di governo si regalano gli atenei ai poteri locali, senza che questi
diano nessun contributo alla crescita dell’università;
restituisce alle lobby accademiche il controllo sui concorsi, senza
incidere sulle pratiche clientelari e mettendo in competizione i
precari e gli attuali ricercatori; servirebbe, invece, un piano
straordinario di reclutamento, con un numero consistente di concorsi
che diano opportunità reali a chi garantisce il funzionamento
quotidiano della didattica e della ricerca nei nostri atenei;
nasconde il progetto di smantellamento selettivo dell’università dietro
il paravento della valutazione dei meriti individuali; tuttavia, non si
può far finta di non sapere che precarietà e ricattabilità rendono
impossibile una valutazione trasparente delle capacità delle persone;
la valorizzazione del merito non può prescindere da un serio
investimento (anche e soprattutto economico) sulla qualità della
didattica e della ricerca e sulla garanzia di autonomia sociale di chi
studia, di chi insegna e di chi fa ricerca nelle università.
assenza di tali garanzie, nel contesto Italiano, l’insistenza da parte
governativa sul merito si risolve in uno strumento di ulteriore ricatto
per i precari. La retorica dell’efficienza e della meritocrazia altro
non è che uno strumento per dequalificare ulteriormente il sapere, per
stratificare e declassare la forza lavoro.
il taglio dei finanziamenti per la scuola contenuto nella legge 133 di
8 miliardi di euro e la legge 169 con la cancellazione delle
compresenze e del modulo determinano un netto peggioramento della
qualità della didattica e producono migliaia di licenziamenti. A questo
si aggiunge il progetto di legge Aprea che, se approvato, porterebbe
l’ingresso dei privati nelle scuole e sarebbe causa di una assurda
gerarchizzazione della classe docente con la repressione della libertà
di insegnamento e dell’autonomia dei docenti. Allo stesso modo, la
volontà di aziendalizzare la scuola uccide l’emancipazione culturale
degli studenti. Il protagonismo del movimento dei precari della scuola,
dei genitori e degli studenti di questi ultimi mesi si salda
naturalmente con la lotta che parte dalle università per costruire una
grande risposta unitaria di tutto il mondo della conoscenza contro
l’attacco mosso da governo.
un contesto di forte crisi sociale e produttiva, l’investimento
politico ed economico sulla Scuola, sull’Università, le Accademie, i
Conservatori e sulla Ricerca come beni comuni dovrebbe essere il
principale strumento per il rilancio del paese, fondato sulla qualità
della vita delle persone e che sappia andare oltre i limiti del modello
fallimentare imposto dall’attuale classe dirigente ed imprenditoriale.
L’attacco alla Scuola e all’Università al quale stiamo assistendo è
parte di un’aggressione più generale, tanto più anacronistica proprio
perché cade nel pieno del fallimento delle politiche di smantellamento
dello stato sociale condotte negli ultimi tre decenni.
è un caso se l’Onda ha fatto breccia nell’immaginario: ha saputo,
infatti, esprimere i bisogni e i desideri di una nuova generazione. La
generazione dell’Onda ha mostrato, nel cuore della crisi globale, che
in una società della conoscenza l’accesso pubblico all’università e la
qualità del sapere, sono degli elementi di nuova e piena cittadinanza.
Oggi, alla luce del nuovo progetto di riforma e assunto il definitivo
fallimento del modello del 3+2, pensiamo sia ancor più centrale
riaprire, in tutti gli atenei, la lotta per l’accesso e per la qualità
del sapere, per l’abbattimento delle forme di blocco, di selezione e di
segmentazione dei percorsi formativi (numeri chiusi, test d’ingresso,
percorsi d’eccellenza), per la rivendicazione di spazi di decisione
sulla didattica e sulla ricerca e di autogestione dei percorsi
formativi.
Università, Accademie, Conservatori e Ricerca sono parte di un modello
innovativo di welfare che sappia rispondere alle attuali forme di
sfruttamento. La continuità del reddito, l’accesso alla casa e alla
mobilità sono bisogni ormai imprescindibili. Solo rispondendo al
problema della precarietà di chi studia e lavora nei luoghi della
conoscenza con la definizione di un nuovo welfare, si oppone una
risposta al governo che non sia corporativa, ma che sappia parlare
all’intera società e attraversarla. Per queste ragioni riteniamo
decisivo rilanciare nelle prossime settimane una campagna, in tutte le
città, per rivendicare forme di erogazione, diretta ed indiretta, di
reddito per gli studenti e i precari, che vada nella direzione del
rifiuto delle forme di precarizzazione.
questo, da oggi, studenti e lavoratori precari lanciano una vera e
propria campagna di mobilitazione che unifichi le lotte portare avanti
nelle scuole e nelle università e che, a partire da questa Assemblea
nazionale, abbia il passo abbastanza lungo da mettere in discussione il
percorso di questo DDL e porre all’ordine del giorno nazionale
l’elaborazione di un nuovo sistema di welfare all’altezza delle sfide
della società della conoscenza.
in occasione dell’11 dicembre vogliamo generalizzare lo sciopero e
assediare il Ministero, a partire dalla mobilitazione già lanciata dai
coordinamenti e dai precari delle scuole e dai sindacati;
organizzare una grande manifestazione nazionale a Roma a inizio marzo
che, partendo dalla difesa e dal rilancio dal mondo della conoscenza,
coniughi la necessità di eliminare la precarietà lavorativa ed
esistenziale con il contrasto delle migliaia di licenziamenti
giustificati pretestuosamente con la crisi rivendicando un nuovo
sistema di welfare fondato sulla continuità di reddito per tutti,
l’accesso alla mobilità alla casa e ai servizi.
Assemblea nazionale dei precari e degli studenti