RECLAIM THE STREET! SCENDIAMO in strada, creiamo conflitti


La città di Bologna, epicentro del delirio securitario, continua
ad essere a metropoli dove si sperimentano nuovi apparati repressivi,
in questi
mesi si è succeduta una sequenza di sgomberi senza
precedenti, andando a colpire nel nome della legalità come al solito i
soggetti più precari,siano migranti con le 41 espulsioni dei rumeni o
gli studenti tramite i divieti antibivacco, passando per ambulanti,
lavavetri e writers. Queste politiche repressive sono diventate il
modello su cui si fondano le nuove politiche governative dei sindaci e
delle amministrazioni locali, e che mirano alla
lunga ad essere
applicate su scala nazionale come sta accadendo oggi con l’approvazione
del pacchetto sicurezza Amato, una legge già sperimentata in diverse
forme in varie città, dalle leggi sugli ultras o sulle politiche
“sociali” per i migranti o nelle “zone rosse” come accadde a Genova.

Un azione repressiva quella dei sindaci/sceriffi che consolida il controllo politico nella gestione della metropoli e nega libertà, un controllo che mira ad un mutamento della città di tipo geosociale, trasformando il centro cittadino a vetrina d’alta classe e unico specchio di se stessa, e eliminando invece tutte quelle soggettività e che sono portatrici di conflitti o alterità: vengono così alzati gli affitti per gli studenti, si cancella con le leggi antibivacco quel che rimane della socialità già messa a dura prova dalla precarizzazione della vita, si arrestano i lavavetri e i writers, soggettività viste come nuove minacce sociali, si sgomberano e si deportano i migranti romeni.
L’alterità viene trasformata così in paura e illegalità, viene creato un nemico da cui doversi difendere e avere paura, e perciò elemento distintivo da mandare via perché non omologata nel quadro di queste metropoli, sempre più funzionali a modelli di fabbriche sociali, dove si può essere “cittadini” solo se inseriti negli automatismi di una dimensione produttiva.
Questa diffusione di paure e la ricerca forsennata di normalizzazione è usata/strumentalizzata per legittimare le peggiori politiche securitarie, che risultano sempre più funzionali a chi incita e produce comportamenti fascisti, razzisti, xenofobi, dando così nuova e inedita agibilità politica a formazioni di estrema destra sempre più liberi di fomentare l’odio e lo squadrismo contro gli stranieri.
Un esasperazione del concetto di sicurezza che si manifesta in ogni piazzola, ogni spazio urbano dove un posto di blocco risulta sempre più simile ad un check-point di tipo militare, dove le polizie si comportano come gli eserciti: sparare a ciò che si muove senza assumersi nessuna responsabilità diretta, senza.

Come è successo per la morte di Gabriele Sandri , ucciso da un proiettile sparato da un poliziotto in un autogrill dell’autostrada , come Federico Aldrovandi morto massacrato a calci e pugni da un gruppo di poliziotti mentre ritornava a casa, come Carlo ucciso nei giorni di ribellione a Genova, come i due ragazzi delle periferie parigine investiti da una volante durante un inseguimento e lasciati lì da soli a morire sulla strada. Per loro niente inchieste forcaiole come quelle che vediamo ogni giorno in cerca dello scoop sul migrante di turno assassino/criminale , ma solo tanta comprensione su questi “piccoli” errori, per loro niente espulsioni o sgomberi; ma tutti pronti invece a criminalizzare la violenza quando viene passata per i cassonetti bruciati a Roma o a Parigi, per le violenze negli stadi, ma la violenza dello stato e delle forze dell’ordine risulta invece legalizzata e giustificata, magari per legittimare nuovi decreti sulla sicurezza, magari bombardando territori, in un paese in cui mercenari diventano eroi nazionali e solo i migranti vengono rappresentati come il vero pericolo per la società.
Così chi nelle scorse settimane ha cercato di fermare giustamente le partite a Bergamo e Taranto, o chi ha scaricato la propria rabbia per le strade di Roma, è stato accusato di terrorismo; così a Genova dove 20 compagni rischiano 225 anni di carcere per devastazione e lo stesso a Milano per i fatti dell’11 Marzo, o come quello che sta succedendo nelle banlieue parigine con i fuochi che hanno portato alla luce le buie e dimenticate periferie di Parigi, sempre più estranei/stranieri all’interno della metropoli francese.

È, come sempre, una questione di sicurezza. Per questo si presidia, come le città fossero in guerra. Sicurezza anche dello sguardo, della coscienza: il Decreto Amato è il coronamento di un decennio di retoriche securitarie utilizzate come strumento di governo per leggi repressive e discriminatorie, che non mutano al variare degli schieramenti politici, svelano un inasprimento delle legislazioni e adozione di politiche contro i lavoratori migranti, in questo contesto sembra chiara la loro natura strumentale/capitalistica, finalizzata soprattutto all’abbassamento dei costi del lavoro.

Degrado e sicurezza diventano quindi solo una scusa per calpestare le libertà individuali, attraverso la militarizzazione e precarizzazione degli spazi liberi, evidenziando così una lacerazione di un modello che si proclama "progressista", ma che in realtà nasconde un subdolo meccanismo di separazione della socialità.
La Bologna securitaria diventa una metropoli dove imperversano logiche di sfruttamento di pochi privilegiati, e le speculazioni di chi fitta le case a prezzi inaccessibili e poi si lamenta del "degrado cittadino", una città costantemente sotto il controllo d occhi elettronici che ci osservano camminare sotto i portici o sorvegliata dalle polizie ad ogni angolo della città, questa falsa sicurezza sociale aiuta ad incrementare solo il clima repressivo tramite la sorveglianza dall’alto e la militarizzazione degli spazi quotidiani, che siano piazze, periferie o stadi per creare una sorta di Centro di Permanenza Temporanea a cielo aperto e d’intolleranza aumentando il disagio e la disgregazione sociale di chi vuole vivere e riprendersi la città.

Sono i nostri bisogni che ci muovono, e che reclamano tutto ciò che ci serve, a partire dalla strada.



 

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