Riprendiamoci il futuro!
L’anno politico di movimento è stato senza
dubbio caratterizzato principalmente da quella che è la storia, tuttora aperta
e in costante mutamento, dell’Onda Anomala.
Nata sulla scia del movimento no Moratti di 3
anni prima, quindi comprensiva dell’analisi, da parte di coloro che avevano
vissuto quelle giornate, dei pregi e dei difetti che quel movimento aveva
avuto, l’Onda ha saputo, declinandosi in molteplici nodi locali del paese,
radicarsi e crescere sempre maggiormente.
Movimento variegato, a cui hanno partecipato
tutte le componenti del mondo della scuola nonchè molti esterni a questa
branca.
Movimento non esente da errori, ma sicuramente
fondamentale nel creare una prima opposizione al clima intollerante presente in
Italia, soprattutto dalla risalita al governo, nel maggio del 2008, del tandem
PDL – Lega.
Movimento arrivato ad occupare le prime pagine
dei media mainstream, imponendosi a
testimone di un nuovo forte slancio di protagonismo nei temi del comune
da parte della prima generazione non solo consapevole, ma completamente immersa
nel destino di precarietà esistenziale derivante dalle politiche neoliberiste
dell’ultimo trentennio e figlia pura di questo stesso trentennio.
Politiche neoliberiste arrivate alla sua morte
ufficiale. Necessario per comprendere lo sviluppo dell’Onda è inquadrarlo
infatti nello scenario di crisi economica, che dalla finanza si è spostata
all’economia reale, travolgendo centinaia di migliaia di studenti, lavoratori
precari e non, disoccupati, famiglie su scala mondiale. Crisi espansa in tutto
il mondo globalizzato, ma partita dagli Usa, dai quali è arrivata anche la
risposta, inalterata nel passaggio storico di consegne Bush-Obama.
Risposta ovvero: privatizzazione dei guadagni
e socializzazione delle perdite. Da questo leitmotiv si può comprendere
l’origine dello slogan che ha rappresentato il movimento, “Noi la crisi non la
paghiamo!”, ovvero il rifiuto da parte dei lavoratori della conoscenza e
materiali di vedere ricadere sulle proprie spalle gli sfaceli di tre decenni di
amministrazioni basate sulla riduzione dei diritti fondamentali, sulla
distruzione ambientale, sulla creazione di precarietà esistenziale, rilevabile
nella vita di tutti nel lavoro, nella possibilità di essere indipendenti, nella
capacità di autodeterminarsi.
Il caso Alitalia, i referendum per considerare
legale lo scioperare ( che contraddizione!) , le casse integrazioni, gli
sgomberi di spazi sociali, le aggressione a sfondo razzista e fascista, i piani
casa speculativi e gli sfratti, tutto questo è stato attaccato dall’Onda,
capace, anche se in parte ancora minima rispetto ad altri movimenti creatisi
nello stesso spazio di tempo (vedi Grecia), di abbozzare una uscita dal terreno
dell’Università per andare a mischiarsi nelle città e nelle metropoli e
inondarle dei propri linguaggi. E’ da questa volontà di inondare che il termine
Onda ha preso forma.
A prescindere dalle grandi giornate di
mobilitazione di Roma del periodo 14-16 novembre e di Torino del periodo 17-19
maggio, l’Onda ha permesso a moltissimi operai della fabbrica-Università (ma
anche degli studenti medi) di tutto il paese di prendere parola sul loro futuro
e di autorganizzarsi per ribaltare la situazione a cui la legge Gelmini, sul
filo del quindicennio di riforme dell’istruzione che l’hanno preceduta, aveva
deciso di condannarli.
Legge
impostata sull’adozione del modello americano, dominato dalle risorse
economiche degli azionisti delle fondazioni che gli Atenei possono con questa
diventare; creazione conseguente di poche ricche università di serie a o poli
d’eccellenza (come da progetto Acquis) , ma allo stesso tempo di molte
università di serie b, soprattutto nel meridione; tagli indiscriminati al fondo di finanziamento
ordinario delle università; vera e
propria decimazione dei posti di lavoro di professori, ricercatori, dottorandi
costretti alla precarietà infinita quando non direttamente al licenziamento; ripristino
di forme di controllo e disciplinamento sociale come i voti di condotta facenti
media.
Tutto questo è stata la riforma Gelmini,
integrata tra l’altro nel luglio 2009 dalla pubblicazione della lista delle
università virtuose (a cui andranno quindi più fondi secondo un criterio
meritocratico falso, corrotto e inaccettabile) che vede le università incluse
nel progetto ACQUIS nelle posizioni migliori per accaparrarsi i pochi soldi
concessi dal Governo alle Università. Un attacco che oltre agli studenti viene
portato a tutto il Sud, che un po’ in parallelo con le gabbie salariali di
questi giorni, viene impoverito a scapito del Nord. Le università del Sud,
infatti, sono tutte bocciate come non virtuose.
Si spera che anche da questa questione, unita
a quelle affliggenti il mondo degli studenti universitari e del ceto medio questa
volta veramente senza futuro, possa partire un autunno di grande movimento che
provi a sovvertire, in teoria e in pratica, un sistema politico e sociale
profondamente in picchiata verso un autoritarismo democratico, figlio meglio
riuscito dei regimi totalitari del Novecento, in evoluzione non solo in Italia
ma in tutti i paesi occidentali.
Quest cronistoria raccoglie tutto quello che è
successo nell’anno di movimento bolognese, includendo allo stesso quei grandi
fatti nazionali ed internazionali che hanno influenzato la realtà locale
felsinea. Buona lettura.