Per un uso antagonista della crisi

[Documento sintetico della 2 giorni di discussione tenutasi l’8-9
novembre al csoa Askatasuna cui hanno partecipato realtà antagoniste di
diverse città italiane
]

Stiamo attraversando un frangente storico in cui la stessa nozione di
“fase” (politica, economica) potrebbe presto perdere di senso perché
incapace di comprendere e spiegare una temporalità e un orizzonte
differenti per natura
da quelli che li hanno preceduti. Ci troviamo di fronte ad una crisi
ancora non misurabile coi parametri classici e che ci si presenta
innanzi (forse per anni) come sfondo normale del nostro vivere e agire
politico quotidiano
. Una crisi non congiunturale quindi, ma di
medio-lungo periodo, strutturale e sistemica. Una crisi formatasi in un
contesto di globalizzazione capitalista compiuta, originatasi negli
Stati Uniti ma propagatasi viralmente in tutto il globo, creando un
sistema deficitario globale che intacca l’Asia e l’Europa, l’Africa e
l’America Latina. Nessuno è al riparo dalla crisi ma non tutti
pagheranno gli stessi costi, in termini assoluti e proporzionali
. In
alcune aree dell’ex-Terzo Mondo gli effetti della crisi sono stati
pagati preventivamente con la manifestazione di una crisi alimentare
che è già anticipazione di futuri disastri, laddove è la stessa
possibilità di sussistenza (cereali come petrolio) ad essere quotata in
borsa. Così, a differenti livelli, per quote consistenti di popolazione
statunitense è l’intero sistema-welfare a essere giocato sui tavoli
delle roulettes finanziarie attraverso la privatizzazione del deficit spending.
In Europa, Asia e LatinoAmerica la crisi colpisce con gradi e intensità
differenti ma quello che  è certo è che non si sta dando alcun decoupling (sganciamento) rispetto a una crisi che è globale.
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