WELCOME TO UNIVERSITY?
…BENVENUTI NELLA FARSA!
Inizia
un nuovo anno accademico e come al solito l’università di Bologna si
presenta a migliaia di student* con un’offerta appetibile per tutt* ,
prospettando eccellenti corsi di studio
e magnifiche possibilità di lavoro,
oltre alla socialità
di strada per la quale la città è famosa; ma
la realtà è ben diversa
e chi sceglie di proseguire negli studi universitari, continuerà a
spendere migliaia di euro in tasse per una formazione e un titolo di
studio che non danno garanzie per il proprio futuro, oltre a trovarsi
in una città stuprata dalla cappa securitaria dell’amministrazione
Cofferati.
Ogni
anno il costo dell’università aumenta: i contributi dell’Er.go sono
assolutamente insufficienti e riguardano solo una piccolissima
percentuale di studenti; le tasse hanno raggiunto cifre da capogiro
specialmente per quelle dei corsi di laurea specialistica e a ciclo
unico; gli affitti sono alle stelle con singole che arrivano a
costare 500 euro al mese, per alloggi fatiscenti spesso con stanze da
dividere in tre o più persone; i libri di testo che ci obbligano a
studiare -spesso scritti dallo stesso professore che ci fa lezione-
costano tanto (un manuale arriva ai 50 euro); e come se non bastasse,
a Bologna c’è la mensa universitaria più cara d’Italia! Queste
condizioni di vita non
ci permettono di studiare quello che vogliamo, di dedicarci ai nostri
interessi e di sviluppare i nostri desideri!
In più per pagarci il costo dell’università, siamo costretti a
lavorare accettando occupazioni precarie o in nero, e quello che
riusciamo a guadagnare in un interinale, in un bar o facendo il/la
commesso/a non ci basta per pagare affitto, bollette,ecc…; i tempi
di lavoro sono tempi che vengono sottratti alla nostra libera
attività, alla vita che vorremmo fare. E ancora non basta..
Però
delle soluzioni le stiamo trovando: per esempio invece che comprare i
libri di testo che ci vengono richiesti per gli esami, ce li
fotocopiamo nonostante per la legge italiana sia un reato, con tanto
di rischi di pene pecuniarie e detentive, ma non ce ne vergogniamo,
anzi rivendichiamo il fatto di riappropriarci
di tutto quello che ci viene sottratto,
come la cultura e il sapere che tutt* quotidianamente creiamo
nell’interazione e nella cooperazione sociale, ma che ci vengono
sottratti tramite brevetti e copyright, strumenti che vorrebbero
tutelare gli autori (che spesso incassano pochissimo) ma che in
realtà ingrassano le case editrici a scapito di noi tutt*….
E’
rispetto a questa situazione che il nostro collettivo vuole proporre
attività politica che sia all’insegna della critica del sistema
universitario e che sia anche un modo per affrontare una critica
radicale della società. Il C.U.A. nasce infatti come collettivo
interfacoltà, all’interno della mobilitazione dell’autunno 2005 in
occasione della contestazione nazionale del DDL Moratti (una legge
che riorganizza la precarizzazione di docenti e ricercatori
spalancando le porte all’ingresso massiccio del privato all’interno
dell’Universita’), sapendo investire con la sua opposizione tutto il
sistema universitario a partire dalla legge Zecchino-Berlinguer (che
ha introdotto il 3+2 e l’autonomia didattica) passando per i decreti
Mussi e le nuove riforme della Gelmini; una mobilitazione che ha
avuto la capacità di vedere come lo studente subisca un processo
di precarizzazione
che investe tutta
l’esistenza: gli
affitti esorbitanti delle case, i trasporti, i costi elevati per
accedere alla cultura, la mensa, ecc… Il centro delle nostre
pratiche di lotta
è l’appropriazione diretta, insieme pratica di denuncia e
soddisfazione
di quegli stessi bi/sogni
che ci vengono quotidianamente negati.
Non
esitiamo quindi a riprenderci gli spazi che ci vengono continuamente
preclusi come tutta la zona
universitaria,
costantemente militarizzata
e controllata dallo
sguardo attento delle telecamere
di videosorveglianza e da pattuglie e camionette di polizia;
in primis piazza
Verdi che per la sua
posizione e per la sua storia, è riuscita ad essere un punto di
aggregazione e di contatto tra l’università e la città, svolgendo
per anni una funzione di spazio
pubblico di
discussione e di scambio, e quindi espressione di una cultura
altra e di
contro-sapere.
Sembra
che dai piani alti delle loro stanze, vogliano impedirci di trovare
spazi e tempi per poter creare
collettività, al di
fuori dalle ore di lezione. Infatti anche i luoghi vissuti dagli
studenti, come la biblioteca di discipline umanistiche, il 36 di via
Zamboni, uno dei pochi luoghi in zona universitaria dove continuano
ad intrecciarsi relazioni, sono nel mirino delle istituzioni
universitarie: se già l’ingresso sembra un check point con tanto di
barriere e di guardiani, un anno fa la volontà dell’ateneo era
quella di attivare il controllo elettronico del badge, che avrebbe
comportato non solo una limitazione dell’accesso per chi non e’
iscritto a determinate facoltà, ma anche un controllo sistematico
degli stessi iscritti che per meglio uniformarsi al nuovo modello di
una universita’-fabbrica dovrebbero anche timbrare il cartellino.
La politica dell’università e’ sempre più quella di frammentare le
relazioni tra gli studenti,
perfettamente congeniale al suo ruolo di sfruttamento e riproduzione
di forza-lavoro in formazione. Per questo non abbiamo esitato a
rompere,
pubblicamente, insieme a tantissim* altr* student*, i
dispositivi di controllo,
e non esitiamo ad occupare
la facoltà o uno spazio in città se ci sembra la soluzione più
adatta per rimediare alla mancanza di luoghi dove si possa costruire
socialità, controcultura, confronto al di fuori delle logiche di
mercato e istituzionali.
E’
per questo che abbiamo occupato al fianco del collettivo Crash! in
via Zanardi 106 nell’Ottobre del 2007: un luogo che ha saputo
creare un virtuoso meccanismo di coinvolgimento di quanti hanno
vissuto lo spazio nella produzione di eventi altri, di vivacità
culturale e politica. Proprio perchè non crediamo che ci sia
separazione tra il mondo universitario e il tessuto metropolitano,
proprio perchè come studenti viviamo immersi nelle contraddizioni
cittadine, in questi anni abbiamo partecipato attivamente alle lotte
come le mobilitazioni contro il C.p.t. di via Mattei; affrontando le
tematiche antifasciste e di genere nelle mobilitazioni contro Fiamma
Tricolore e contro Ferrara.
Pensiamo
che sia a partire da pratiche che riescano a soddisfare i nostri
bisogni e desideri, come l’appropriazione diretta di tutto ciò che
ci viene sottratto e negato, che si possono costruire quei meccanismi
di rottura delle contraddizioni fuori e dentro l’università. E’
secondo questa logica che stiamo costruendo un laboratorio
copyRiot, che vada
dalla distribuzione gratuita di materiale coperto da copyright come
musica, film, testi multimediali, alla creazione di percorsi di
riappropriazione come fotocopiatrici libere per fotocopiare libri di
testo ed altro, passando per la creazione di seminari di
autoformazione.
Reclamiamo il bisogno di dare una risposta reale a dei bisogni,
collettivi e personali, in una città e in una università oramai
priva di sbocchi aggregativi e contro/culturali, bisogni da
soddisfare tramite pratiche che siano staccate dalle solite grigie
logiche del potere e del profitto.
C.ollettivo
U.niversitario A.utonomo
La
gioia dell’appropriazione diretta di spazi, tempi e saperi
Il
pugno chiuso del conflitto