Assemblea cittadina Martedì 6 maggio ore 20.45 Sala del Baraccano, via
Santo Stefano 119
Il 20 marzo 2003 ha avuto
inizio la guerra di aggressione contro l’Iraq, scatenata
dall’amministrazione USA per costruire un nuovo ordine mondiale con gli
obiettivi di controllare direttamente le risorse petrolifere mediorientali
e rispondere con una sorta di keynesismo di guerra ad una pesante
recessione economica, una guerra legittimata con la menzogna alla quale
successivamente ha partecipato il nostro paese in sfregio all’articolo 11
della costituzione “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa
alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali” dimostrando una volta ancora la sua completa
subalternità alle pratiche di dominio imperialiste.
L’invasione
dell’Iraq ha portato alla morte di un milione di irakeni; da quella
guerra infausta ed infame, promossa -come il colonialismo di fine ‘800 –
con il pretesto della guerra per la civiltà, hanno avuto luogo le
torture di Abu Ghraib, lo sterminio con le bombe al fosforo di Falluja, i
campi di concentramento a Guantanamo e nei paesi satelliti, le
extraordinary rendition cioè i rapimenti, le sparizioni e le torture
diffuse (in Italia il caso di Abu Omar), il Patriot act e la sospensione
dello stato di diritto. Quella guerra è servita a legittimare una sorta di
stato di emergenza permanente, in cui la riduzione del conflitto sociale e
dell’antagonismo politico in problemi di ordine pubblico sono state le
risposte del potere per tentare di annichilire quell’eterogeneo movimento
antisistema che ha messo in crisi le logiche e le pratiche di dominio e di
controllo.
Il 20 marzo 2003 decine di migliaia di lavoratori aderirono allo
sciopero generale indetto dal sindacalismo di base ed autorganizzato contro
la guerra.
Il 20 marzo 2003 migliaia di compagni, esponenti della società
civile e delle associazioni e tantissimi cittadini invasero la Stazione
Centrale di Bologna, entrandoci in corteo, violando il blocco della
polizia, bloccando la circolazione dei treni.
Il 20 marzo 2003 gli Stati
Uniti di G.W.Bush attaccarono l’Iraq bombardando Bassora, Bagdad, il sud
ed il nord, caserme dell’esercito e tantissime piazze e vie abitate da
semplici cittadini, magari oppositori del regime.
Il 20 marzo 2003 nessun
giornalista embedded o esperto militare ebbe il coraggio di parlare di
bombe intelligenti, di raccontare la menzogna della separazione degli
obiettivi civili da quelli militari: la guerra giusta esime dal doversi
giustificare dei cosiddetti effetti collaterali, dei bombardamenti ciechi,
anche sulle Redazioni televisive, sulle piazze dei mercati, sugli ospedali,
e delle centinaia di migliaia di morti.
La guerra di Bush è andata bene
anche se le armi di distruzione di massa non ci sono mai state. La
cosiddetta guerra giusta, unilaterale e globale liberò, come primo
territorio, quello dei pozzi petroliferi assegnandone la gestione alla
EXXON, BP e all’ENI. Milioni di persone nel mondo hanno disertato la
guerra globale, l’hanno ostacolata, sabotata, denunciata svelandone i
nessi oscuri, le cose non dette, gli obbiettivi di disegno di un nuovo
modello di governance unilaterale. Nessuno ora parla più delle ragioni
della guerra globale, tutti rifiutano il modello unilaterale di comando
americano, lo stesso esercito della willing coalition sta progettando il
disimpegno dall’Iraq. Se questo è possibile è grazie a chi si è
opposto qui come sul fronte di combattimento.
Tra le migliaia di cittadini
indignati che hanno invaso la stazione di Bologna, la Procura della
Repubblica di Bologna ha individuato 47 compagni e compagne che verranno
processati il prossimo 15 maggio perché ritenuti arbitrariamente e
unilateralmente responsabili di quella iniziativa. Noi, imputati e reti che
oggi come allora siamo disertori della guerra, non accettiamo che una lotta
determinata e collettiva venga risolta individualizzandone le
responsabilità civili e penali. Nella nostra città migliaia di persone
dimostrarono l’assoluta nimicità alla guerra partecipando ai molti
cortei, ai dibattititi, firmando appelli e lettere di protesta, scioperando
ed esponendo ai balconi della proprie abitazioni le bandiere della Pace,
valore strategico e universale ora più che mai. Un movimento che ha
scritto segmenti di nuove resistenze, che nella sua capacità di essere
bastone nelle ruote della macchina bellica ha trovato la sua contiguità
alle resistenze globali.
Come il 10 Maggio 2004, quando il tentativo
dell’ambasciatore della Gran Bretagna di visitare la John Hopkins, trovò
di fronte a sé la capacità dei movimenti di opporsi a questa presenza
simbolo e sintomo della guerra permanente. Come per la grande
partecipazione data alla giornata del 9 Giugno 2007 a Roma, dove i
movimenti hanno saputo fare un passo in più per ricordare a Bush la sua
“indesiderabilità ”.
Questi gli strumenti e le pratiche che la nostra
resistenza ha affinato, questo il nostro irrinunciabile patrimonio di
esperienze collettive che non accettiamo venga oggi riscritto nelle aule
giudiziarie. Noi, imputati e reti, ci rivolgiamo a tutti questi compagni di
strada proponendo di ritrovarci e di organizzare con una iniziativa di
mobilitazione il 14 maggio la migliore difesa per i 47 imputati e per
rilanciare l’iniziativa politica contro la guerra, sul suo fronte di
combattimento iracheno, afghano, palestinese e ovunque essa si eserciti, e
sul suo fronte interno nel quale le trincee sono i Centri di Permanenza
Temporanea, gli assetti ordinativi ed autoritari del securitarismo, e
l’applicazione di dispositivi monetari nelle politiche economiche e di
precarizzazione delle vite. Un terreno di conflitto che è necessariamente
anche culturale, laddove una delle vetrine più illustri delle letterature
europee come il Salone del Libro di Torino decide di invitare uno stato
genocida e d’apartheid come quello israeliano come suo ospite d’onore.
E
questo proprio nel 60° anniversario della Nakba, dell’inizio della
“catastrofe” per il popolo palestinese data dall’occupazione militare
dei suoi territori. Per questo la nostra vicinanza alle resistenze globali
passa inevitabilmente dall’appoggio alla lotta per l’autodeterminazione del
popolo palestinese, così come di quello iracheno o afgano.
La guerra è
cambiata, sta cambiando e ri-organizzando ed è ancora tremendamente reale
e presente, qui come a Bagdad e a Kabul. Essa è anche una straordinaria
occasione di business nel locale, come dimostrato dal recente annuncio
della vittoria dell’appalto per la costruzione della base Dal Molin da
parte della ravennate Cooperativa Muratori e Cementisti in partnership con
la bolognese Consorzio Cooperative Costruzioni. Due cooperative di
Legacoop, fortissimamente cresciute, anche con i business della TAV o con
nuovi progetti globali, che hanno rotto definitivamente gli indugi e che
hanno detto che pecunia non olet, anche per i Democratici emiliano-
romagnoli. Due cooperative i cui piani di crescita ci indicano chiaramente
come la nuova fase della guerra non sarà più americana e unilaterale, ma
sarà agita e condivisa globalmente, con le isole di comando e governance
distribuite e con i flussi di denaro ripartiti in maniera bipartisan. Anche
per questo dobbiamo socializzare dibattito e analisi e attualizzare
l’iniziativa tra tutti coloro i quali pensano che se Bush era il problema
Obama/ Clinton o Brown non sono la soluzione. Per reclamare la non
processabilità per tutti i compagni e le compagne accusati di reati
connessi alle resistenza alla guerra globale invitiamo tutte le realt� a
discutere e costruire insieme l’iniziativa di mobilitazione del 14
maggio, giorno precedente all’udienza contro le/i 47 compagne e compagni.
Assemblea cittadina Martedì 6 maggio ore 20.45 Sala del Baraccano, via
Santo Stefano 119
All’incontro interverranno compagni del Presidio
permanente No Dal Molin e del Comitato Free Palestine
Prime adesioni:
Cs
Tpo; XM24; Vag 61; Lab. Crash; L. 57; Cobas; Sinistra Critica; C.U.A.;
Aut_Off;