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Da qualche tempo all'entrata del 36 di via Zamboni e' apposto l'avviso
che da meta' marzo sarebbe stato attivato il controllo elettronico
del badge. Nonostante i ritardi nell'entrata in funzione, questo
progetto verra' presto realizzato. Cio' comporta non solo una limitazione
dell'accesso per chi non e' iscritto a determinate facolta', ma
anche un controllo sistematico degli stessi iscritti che per meglio
uniformarsi al nuovo modello di una universita'-fabbrica ora dovranno
anche timbrare il cartellino. Il pretesto dell'Ateneo e' sicuramente
quello di offrire un miglior servizio agli studenti appartenenti
alle suddette facolta', ma inrealta' e' solo l'ennesima trovata
per sottoporre un nuovo tassello degli ambienti universitari a nuove
forme di controllo: ogni ingresso e ogni uscita lasceranno immancabilmente
traccia del passaggio di ognuno di noi.

 

Questa volonta' da parte dell'Ateneo e' riemersa nel 2001 quando
durante l'occupazione del 36 sono state trovate dagli studenti 6
telecamere inserite nelle luci di emergenza; si e' poi resa ancor
piu' visibile con la militarizzazione di piazza verdi e l'installazione
di innumerevoli telecamere in tutta la zona universitaria, comportando
quindi una progressiva sottrazione di spazi di socialita' e di confronto,
per finire con un atto estremo di repressione, ovvero lo sgombero
per mezzo delle forze dell'ordine dell'A.U.L.A di Piazza Scaravilli
occupata nell'autunno scorso per sviluppare, oltre a nuovi progetti
politici, una nuova forma di socialita' al di fuori di quella imposta
dalle logiche del controllo sociale.

Oggi tutto questo si ripropone di nuovo all'interno del 36, uno
dei pochi luoghi rimasti dove l'intreccio di relazioni tra studenti
ha saputo in questi anni creare una socialita' completamente diversa
e contrapposta all'iter da catena di montaggio studia-consuma-lavora
che vogliono imporci dall'alto; un luogo che porta ancora percettibilmente
nel proprio immaginario la memoria di esperienze di lotta passate
che hanno saputo mettere in crisi il modello di universita' allora
nascente, il quale, oggi, si sta tentando di contrastare attraverso
l'opposizione dal basso alle riforme Zecchino-Moratti e a direttive
come queste. In questa direzione si sta anche sviluppando a livello
europeo un progetto che rendera' le biblioteche pubbliche a pagamento
e che comportera' una restrizione al libero accesso al sapere e
andra' a sottrarre un luogo pubblico per eccellenza come le biblioteche
al libero e aperto utilizzo sociale, per subordinarlo alle logiche
del profitto ad ogni costo…

Tutto questo e' inaccettabile: infatti la politica dell'universita'
e' volta sempre piu' alla frammentazione sistematica degli studenti,
perfettamente congeniale al suo ruolo di sfruttamento e riproduzione
di lavoratori in formazione, e di dominio del capitale. Questo modello
di universita'-fabbrica vuole offrire agli studenti-macchine solo
una forma di sapere svuotata da ogni contenuto critico, da ogni
possibilita' di apertura di contraddizioni che portino verso una
reale liberazione. Ogni esperienza che porti ad un'immediata condivisione
di esperienze, lotte, saperi, operata dal basso e in maniera completamente
orizzontale viene cosi' continuamente minacciata di repressione,
ne vengono colpite le basi di potenzialita' sovversiva proprio attraverso
la sistematica separazione tra i soggetti sociali potenzialmente
capaci di rivoluzionare l'ordine economico vigente.

CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DEL 36 E DELLA ZONA
UNIVERSITARIA

PER UN LIBERO ACCESSO AI SAPERI

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