Giovedì 19 Aprile ci siamo ripresi piazza Verdi!
Finalmente la piazza è ritornata a vivere con gli studenti e la musica!
La
trasmissione radiofonica Radioboom ha fatto parlare gli studenti
tramite una bacheca posta in piazza; alcune delle frasi erano: "basta
col proibizionismo, birra dopo le 22! non si possono spendere 5 euro
per una birra al pub"; "voglio la casa col giardino e la piscina!";
"piazze e strade per tutti/e"; "abbassate gli affitti"; "ci buttano
fuori da ogni posto, da casa, dal lavoro, dai locali. Almeno qui siamo
contenti di stare fuori!"; "via la polizia! Piazza verdi autogestita!".
Riprendendoci
gli spazi della zona universitaria abbiamo lanciato il presidio che si
è tenuto Venerdì mattina sotto la sede della Legacoop per denunciare la
vincita da parte di due cooperative della gara d’appalto con un ribasso
del 30% per la gestione del CPT di Lampedusa. Il consorzio bolognese,
che ha curato l’appalto per conto delle due associate, ha proposto un
tetto di spesa per persona pari a 33 euro, una cifra nettamente più
bassa rispetto alla precedente.
Questo è il testo che abbiamo distribuito:
RECLAIM THE STREET! RIPRENDIAMOCI STRADE E PIAZZE!
Reclamiamo
il bisogno di dare una risposta reale a dei bisogni, collettivi e
personali, in una città e in una università oramai priva di sbocchi
aggregativi e contro/culturali, bisogni da soddisfare tramite pratiche
che siano staccate dalle solite logiche di lucro e/o di guadagno.
Reclamiamo per questo il bisogno di riappropriarci degli spazi della
zona universitaria (ma non solo) e di Piazza Verdi, che per la sua
posizione e per la sua storia, è riuscita ad essere un punto di
aggregazione e di contatto tra l’Università e la Città, svolgendo per
anni una funzione di spazio pubblico di discussione e di scambio, e
quindi espressione di una cultura altra e di contro-sapere.
Ci troviamo invece oggi in una piazza e una zona universitaria,
completamente militarizzata, nonostante siano passati trent’anni
dall’77 e dall’uccisione proprio in quella zona di Francesco Lorusso.
Sembra che anche oggi vogliano imporci dai piani alti delle loro
stanze, una precarizzazione della piazza/strada che interessa quindi
anche della socialità, già messa a dura prova dalle riforme
universitarie di questi anni, che hanno reso quasi impossibile trovare
uno spazio o il tempo per poter creare collettività, al di fuori dalle
ore di lezione.
Una
potenzialità aggregativa e di conflitto che potrebbe esprimersi in
questa zona e che forse fa paura, proprio come nel ’77, e per questo è
"normale" che subentri questo tipo di re-pressione, tra divieti,
telecamere, poliziotti in borghese e/o borghesi in divisa, e altre
insostenibili forme di controllo e repressione sociale.
Degrado e
sicurezza diventano quindi solo scusa per calpestare le libertà
individuali, attraverso la militarizzazione e precarizzazione degli
spazi pubblici e liberi della metropoli, evidenziando così le
lacerazione di un modello che si proclama "progressista", ma che in
realtà nasconde un subdolo meccanismo di separazione, in questo caso
tra socialità ed aggregazione.
Degrado è una Bologna con logiche di sfruttamento di pochi
privilegiati, è la speculazioni di chi fitta le case a prezzi
inaccessibili e poi si lamenta del "degrado cittadino", una città che è
sotto il controllo di un occhio elettronico, o sorvegliata dalla
polizia ad ogni angolo, in attesa solo di student*, migranti o precar*
che "bivaccano" in uno spazio pubblico, seminando un clima repressivo e
d’intolleranza, che soffoca ulteriormente la situazione.
Con
queste premesse non stupisce l’allucinante proposta per una
riqualificazione di piazza Verdi con la creazione di una zona con
negozi d’elite, che non farà altro che aumentare il disagio e la
disgregazione sociale di chi vive la città con l’incremento di logiche
profittuali, a discapito della libera distribuzione e della socialità.
La sicurezza diventa quindi una scusa per calpestare le libertà
individuali, aggregative o di movimento tramite la sorveglianza
dall’alto e la militarizzazione degli spazi quotidiani, che siano
piazze, strade, o stadi per creare una sorta di Centro di Permanenza
Temporanea a cielo aperto.
Sono
i nostri bisogni che ci muovono, e che reclamano tutto ciò che ci
serve, tutto quello che ci è stato negato. A partire dalla strada!